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Sottomissione e ribellione al volere divino: la cantata di Alessandro Stradella è giocata sul contrasto tra questi due sentimenti contrapposti: da un lato il desiderio di giungere all’autodistruzione pur di estinguere le pene inflitte dal castigo divino; dall’altro la consapevolezza che solo il superamento di queste prove porterà alla redenzione definitiva, la pace desiderata, sapendo che questi tormenti rientrano in un superiore progetto salvifico.

Approfondimenti

Descrizione

La figura di Stradella si è da sempre prestata ai romanzeschi ricami degli storici, che ne hanno messo in rilievo i capricci amorosi, spesso ponendo in secondo piano il suo ruolo di primaria importanza nello sviluppare il più complesso e ardito stile italiano, sia sul fronte teatrale che su quello cantatistico e ancora più propriamente in quello strumentale (suo è il primo “concerto grosso” datato 1670, precedente di parecchi anni la ben nota op. VI di A. Corelli).

Questo programma pertanto mira a metter in luce la magnificenza del suo stile attraverso cantate e mottetti nonché per mezzo dell'accostamento ad autori a lui coevi di varie aree dell'Italia (in cui egli risiedette per un certo periodo della sua vita).

Nell’ambito della produzione vocale, il tema del Purgatorio ricorre in più occasioni nell'opera di Stradella. “Crudo Mar di fiamme orribili” è infatti il soliloquio di un'anima che descrive la sua sofferenza dalla quale teme di non essere mai più sollevata. Solo quando è alla fine della sua resistenza si ricorda che la sua presenza in Purgatorio é dovuta alla volontà di Dio e decide di essere fiduciosa che il Cielo la porterà in salvo. La voce di basso è sempre trattata con particolare cura da Stradella e anche questa cantata ne è testimonianza. L’intero componimento, costellato di frequenti fioriture sia nelle quattro arie che nei recitativi, è l'ennesima prova di quanto duttili ed espressivi dovessero essere i solisti per cui Stradella ideava queste pagine (spesso anche richiedendo un'ampiezza di tessitura inusuale sia verso il grave che verso l'acuto).

Sottomissione e ribellione al volere Divino: la cantata è giocata sul contrasto tra questi due sentimenti contrapposti: da un lato il desiderio di giungere all’autodistruzione pur di estinguere le pene inflitte dal castigo divino; dall’altro la consapevolezza che solo il superamento di queste prove lo porterà alla redenzione definitiva, la pace desiderata, sapendo che questi tormenti rientrano in un superiore progetto salvifico . Questi aspetti speculari e contrapposti, trovano veste musicale soprattutto nei recitativi dove troviamo dimensioni psicologiche opposte che rapidamente si susseguono, con repentini cambi si stato emotivo, ma anche nelle arie, con l’angolosità delle linee melodiche, le contraddizioni ritmiche di tempi ternari e binari sovrapposti che creano sensazione di vertigine. Le linee vocali e strumentali, angolari e di irregolari lunghezze, rispecchiano il senso di angoscia espresso nel testo. E' solo nell'ultima Aria che Stradella crea una nuova atmosfera trasportando l'ascoltatore in una rinnovata dimensione di gioia e di speranza.

Nello stile climax emotivo, ovvero quello della salvezza, si colloca anche il mottetto Exultate in Deo fideles, il cui testo non è mutuato dalle Sacre Scritture, bensì è stato composto dallo stesso Stradella; Nelle tre arie e recitativo che lo compongono il poeta chiama in soccorso la Fede perché sia argine contro la potenza del Male, esorta i Doni Celesti ad essere d'aiuto contro gli infedeli e invoca con una preghiera la totale distruzione del demonio per il trionfo della pace e della Luce per tutti i giusti.
Il tema della fuga da un mare di afflizioni verso un porto salvifico fa da sfondo anche alla cantata profana Dalle sponde del Tebro, elaborata in più arie e recitativi, da eseguirsi senza soluzione di continuità. Il testo riporta le parole di un misterioso personaggio fuggito dai lidi latini (Tebro è il nome antico del Tevere) che trova asilo e scampo alle proprie sventure presso un re germanico al quale rivolge lodi e grati apprezzamenti.
E’ lecito pensare che molte delle cantate di Stradella avessero legami con spunti autobiografici, anche in questa ci sembra intravvedere uno scorcio della vita del Nostro, intessuta di fughe e spostamenti da una città all’altra in cerca di un rifugio sicuro.

La Sonata da Chiesa in quattro tempi di G. B. Vitali che apre questo programma, è testimone del grandioso stile dell'Emilia degli Este e dell'impulso culturale dato da Francesco II, a cui si deve buona parte, se non tutto, del vastissimo patrimonio conservato presso la Biblioteca Universitaria di Modena. Nella vicina cittadina di Bologna (ove nell'illustre Basilica di San Petronio si radunavano i maggiori musicisti dell'epoca), fino agli anni 70 del seicento studiò anche Arcangelo Corelli, illuminato Artista a cui si deve la raccolta di sonate per violino più famosa al mondo (ovvero l'opera V) nonché la serie di quattro raccolte di trio sonate (da Chiesa e da Camera), da cui quella qui presentata è tratta, summa dello sviluppo dello stile a tre non solo in Italia, bensì in tutta Europa. Certamente Stradella ben conosceva questa serie di curatissime opere quando scrisse le sue sonate a più parti, tuttavia benché la sua arte, in questo genere, non abbia mai raggiunto la notorietà del Corelli, la sua produzione si rivela altrettanto elegante. Fu invece la sua produzione operistica e cantatistica, a farlo viaggiare, ora a Torino, ora a Vienna ora a Venezia, dove certamente ebbe l'occasione di udire (e magari avere tra le mani) l'opera II (anch'esse trio sonate) di Giovanni Legrenzi, maestro di cappella a San Marco; questa raccolta di diciotto numeri è elaborata su stilemi più arcaici, pur tuttavia essa rappresenta un'importante testimonianza di come la retorica fosse riconosciuta come base della musica al pari dell'armonia. Com’è evidente dai componimenti strumentali qui proposti del Vitali, di Corelli e di Legrenzi, il parametro di confronto è la sonata per due violini e basso continuo, questo poiché, come detto, questo genere ebbe estimatori sia tra i compositori che tra i partecipanti alle Accademie private, così come gli astanti alle funzioni religiose nelle molte cappelle che popolavano l'Italia del XVII secolo, e che formavano, assieme alle case dei nobili mecenati e protettori, ottimale campo di sperimentazione e diffusione della più colta e al contempo fruibile musica d'ogni tempo.

Programma

Giovanni Battista Vitali (1644 - 1692)
da Sonate da Chiesa à due violini - Op. 9
Sonata II in do minore
Adagio - Allegro - Grave - Allegro

Alessandro Stradella ( 1639 - 1682)
Alle sponde del Tebro
Cantata per Basso e continuo

Arcangelo Corelli (1653 - 1713)
Sonata Ciaccona
in sol maggiore - op. II n.° XII

Alessandro Stradella
Exultate in Deo fideles
Mottetto per Basso e archi
Aria - Exultate
Recitativo - Haec sunt munera divinas
Aria - Exaudi supplices
Aria - Bellicosas horribiles furias

Giovanni Legrenzi (1626 - 1690)
Sonata in la minore “La Frangipana”
Allegro - Adagio - Presto

Alessandro Stradella
Crudo mar
à Basso solo, per l’anime del Purgatorio
Sinfonia
Aria - Crudo mar
Recitativo - Astri, che su nel cielo
Aria - Astri rigidi, se colassù
Recitativo - Ma pur favello indarno
Aria - In mar sì rio
Recitativo - Ahi, lassa, e che deliro?
Aria - Allegrezza
Arioso - Inaudito conforto

A. Stradella - Crudo Mar di fiamme orribili - Patrizio La Placa e cenacolo Musicale - SoloClassica Channel

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